Cambio climatico e agricoltura: un mosaico complesso

Il legame tra agricoltura e cambio climatico è strettissimo: per molti aspetti è facilmente comprensibile, per altri no

Il legame tra agricoltura e cambio climatico è strettissimo e per molti aspetti facilmente comprensibile, soprattutto quando si parla di temperature troppo elevate e siccità. Ma è tutto qui? Ovviamente no, e alcuni degli equilibri coinvolti non sono di così immediata comprensione

Il 2019 è stato l’anno in cui si sono moltiplicati gli appelli degli scienziati affinché l’opinione pubblica si focalizzasse sui rischi dell’emergenza climatica in corso e i decisori politici facessero ogni sforzo possibile per rispettare l’accordo di Parigi del 2015, con tutto ciò che ne consegue.
Tra questi appelli va annoverato il World Scientists’ Warning of a Climate Emergency, firmato da oltre 11.000 scienziati di 153 Paesi diversi e poi aggiornato negli anni successivi (qui l’aggiornamento del 2022).
Ma è opportuno citare anche l’articolo comparso su Nature a firma di Lenton et al. sui cosiddetti “climate tipping points”, i punti di non ritorno: gli eventi catastrofici che potrebbero verificarsi per effetto dell’innalzamento delle temperature oltre determinati livelli e che renderebbero la terra estremamente inospitale per l’uomo. Tra questi, lo scioglimento della calotta di ghiaccio della Groenlandia che alzerebbe il livello dei mari di svariati centimetri.
Allarmi, quelli degli scienziati, che sono passati in buona misura in sordina e che i media hanno rilanciato molto meno di quanto avrebbero dovuto, a maggior ragione durante la pandemia.
Nel mosaico delle attività umane coinvolte come agenti causali e come “vittime” nei processi legati al climate change, vi è anche l’agricoltura. E gli equilibri che entrano in gioco sono molto più complessi di quanto possiamo immaginare.
Proviamo a fare qualche esempio, riportando ciò che dice la scienza.

Equilibri che mutano

Sempre al 2019 risale una pubblicazione scientifica di Cavicchioli et al. incentrata sui legami tra microrganismi e cambiamento climatico. In essa i ricercatori firmatari, focalizzandosi su ecosistemi differenti, descrivono gli effetti del climate change sulle comunità microbiche, ma anche l’influsso che queste possono avere sull’evoluzione del clima.
Come evidenziato da Milena Petriccione nell’episodio del nostro podcast “Fatti di terra” dedicato ai legami tra climate change, fitopatie e fisiopatie, l’agricoltura europea da tempo deve gestire patogeni e parassiti nuovi, giunti da Paesi lontani e che per effetto del mutato contesto climatico trovano nei nostri territori ambienti favorevoli alla loro diffusione. Al contempo, sempre per effetto del cambio climatico, patogeni e parassiti già noti hanno mutato il loro comportamento, rendendo necessario l’adeguamento delle strategie di protezione delle piante coltivate.
Ma non è solo una questione di fisio e fitopatie.
Sottolinea la stessa pubblicazione scientifica: “Vi è un crescente interesse nell’utilizzo di microrganismi associati alle piante e agli animali per aumentare la sostenibilità dell’agricoltura e mitigare gli effetti del cambiamento climatico sulla produzione alimentare, ma per farlo è necessaria una migliore comprensione di come il cambiamento climatico influenza i microrganismi e viceversa”.

Il metano, gas serra sotto i riflettori

Quando si parla di gas serra ci si focalizza principalmente sulla CO2, che tuttavia non è l’unico gas coinvolto. Come si legge nel recente rapporto dell’Ispra dedicato all’argomento, il metano ha un effetto climalterante molto maggiore rispetto alla CO2, la quale tuttavia permane nell’atmosfera assai più a lungo. Sulla base di tali evidenze, lo scorso 19 settembre 2022 ben 122 Paesi, tra cui l’Italia, hanno siglato il Global Methane Pledge, patto con cui si impegnano entro il 2030 a ridurre del 30% le emissioni globali di metano in tutti i settori produttivi, rispetto ai livelli del 2020.
Si legge sempre nella pubblicazione di Cavicchioli et al.: “I livelli atmosferici di metano sono aumentati bruscamente negli ultimi anni (2014-2017), rappresentando una grave minaccia per il controllo del riscaldamento climatico, e pur non essendo le dinamiche ancora del tutto chiare, tale aumento è legato alle emissioni da parte dei metanogeni e/o delle industrie dei combustibili fossili, ma anche a una riduzione dell’ossidazione atmosferica del metano”.
microrganismi metanogeni (appartenenti al regno degli Archea) producono metano in ambienti anaerobici naturali e artificiali (sedimenti, terreni saturi d’acqua come le risaie, tratto gastrointestinale degli animali, in particolare dei ruminanti), impianti di acque reflue e impianti di biogas. A questo rilascio di metano si aggiunge la produzione antropogenica da utilizzo dei combustibili fossili. Il metano subisce poi ossidazione sia a livello di atmosferica sia, mediata da microrganismi, a livello di suolo, sedimenti e bacini idrici.

Il ruolo dell’agricoltura nella produzione di metano

Che ruolo hanno l’agricoltura e la zootecnia nella produzione di metano?
Leggiamo sempre nella pubblicazione di Cavicchioli et al.: “Il riso nutre metà della popolazione mondiale e le risaie contribuiscono al 20% delle emissioni agricole di metano, nonostante coprano solo il 10% della terra coltivabile. Si prevede che i cambiamenti climatici antropogenici raddoppieranno le emissioni di metano derivanti dalla produzione di riso entro la fine del secolo. I ruminanti sono la più grande fonte di emissioni antropogeniche di CH4, con un’impronta di carbonio da 19 a 48 volte maggiore per la produzione di carne di ruminanti rispetto agli alimenti vegetali ad alto contenuto proteico. Anche la produzione di carne da animali non ruminanti (come maiali, pollame e pesce) produce una quantità di metano da 3 a 10 volte superiore rispetto agli alimenti vegetali ad alto contenuto proteico”.

Attenzione alle semplificazioni

Questo breve approfondimento ha lo scopo di aprire una finestra sulla complessità delle relazioni e degli equilibri che entrano in gioco quando si parla di cambio climatico e agricoltura, nel caso specifico di funzioni svolte da alcuni microrganismi (patogeni e non) nelle produzioni alimentari.
La conoscenza di questi equilibri, oltre ad accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica sui temi legati alla sostenibilità in agricoltura, aiuta a comprendere il ruolo strategico del settore primario nelle azioni di mitigazione e di adattamento al cambio climatico.