Esplora il ciclo vitale, i danni e le strategie di controllo per il coleottero giapponese Popillia japonica. Rimedi e prevenzione per l’agricoltura.
Conoscere l’aspetto, il comportamento biologico e la capacità di diffusione del coleottero giapponese è il primo passo per definire una corretta strategia di controllo
Popillia japonica, coleottero giapponese, coleottero orientale: nome scientifico e nomi comuni di un coleottero scarabeide che sta destando molta preoccupazione in agricoltura per i danni ingenti di cui è responsabile su numerose colture.
Come altri parassiti di più o meno recente introduzione in Europa e in Italia, il coleottero giapponese (che deve il suo nome al Paese di provenienza) costituisce un “sorvegliato speciale”, sia per la sua aggressività sia perché i metodi di lotta su cui possiamo fare affidamento sono relativamente limitati e non sempre efficaci. Questo significa che eliminare la Popilllia japonica dalle nostre colture può essere complicato e che monitoraggio e buone pratiche agronomiche hanno un grande valore in termini di prevenzione.
Proprio a causa della sua pericolosità, l’Unione Europea classifica il coleottero giapponese come “organismo da quarantena” ovvero parte di un elenco di insetti nocivi per le colture agrarie nei confronti dei quali è necessario mantenere particolarmente alta la guardia.
Cosa comporta questo in termini pratici?
Come si legge in questa pagina dell’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, “Per ciascuno degli organismi nocivi in elenco gli Stati membri dell’Ue dovranno effettuare sondaggi annuali, redigere e tenere aggiornato un piano di emergenza, effettuare esercitazioni di simulazione, emanare comunicazioni al pubblico e, se un organismo nocivo è presente sul loro territorio, adottare un piano d’azione per la sua eradicazione. Ciò significa che il territorio dell’Ue dispone di una strategia preparatoria coordinata e armonizzata per proteggere l’agricoltura, l’ambiente e l’economia da pericolosi organismi nocivi”.
Il rilevamento di tali organismi sul territorio comunitario richiede la delimitazione immediata dell’area colonizzata e la definizione di una fascia protettiva circostante (zona tampone). Le zone compromesse necessitano l’implementazione di protocolli sanitari mirati, mentre i Servizi Fitosanitari Regionali effettuano monitoraggi continui per valutare la presenza dell’insetto e limitarne l’espansione verso territori non contaminati.
La prima segnalazione del coleottero giapponese al di fuori del suo Paese d’origine risale al 1916, con sua comparsa nel New Jersey – Usa, dove molto probabilmente era giunto accidentalmente con materiale vivaistico contaminato. Successivamente l’insetto si è diffuso in altre regioni degli Stati Uniti, raggiungendo poi il Canada finché negli anni Settanta del secolo scorso è stato segnalato nelle isole Azzorre (Portogallo), nel 2014 in Italia (più precisamente nel Parco del Ticino, a cavallo tra Piemonte e Lombardia) e infine nel 2017 in Svizzera. Oltre che col trasporto accidentale congiuntamente a materiali vegetali, suolo o substrati vari, l’insetto si diffonde anche in maniera autonoma, potendo volare anche su distanze di qualche chilometro.
A partire dalla primavera avanzata e dopo l’accoppiamento, favorito dall’emissione di feromoni da parte della femmina, quest’ultima depone le uova in terreni umidi (principalmente prati spontanei, ma anche coltivati, come ad esempio i campi da golf) attigui alle piante su cui gli adulti si sono alimentati. Nel corso della stagione si verificano numerosi accoppiamenti e conseguentemente ripetute ovideposizioni.
Le larve fuoriuscite dalle uova vivono in ambiente ipogeo, alimentandosi principalmente a spese degli apparati radicali di specie erbacee (graminacee in particolare). Esse sono semitrasparenti, con capo e arti brunastri e si distinguono per il fatto di assumere la tipica conformazione curva (“a C”) in condizioni di riposo.
In primavera esse si trasformano in pupe, di colore giallastro, che in un’epoca variabile tra maggio e luglio, in dipendenza dall’andamento termico, si trasformeranno in adulti, fuoriuscendo dal terreno. Gli esemplari adulti misurano 9-11 millimetri, presentando una colorazione distintiva con capo e protorace verde metallizzato, elitre ramate e caratteristici pennacchi bianchi laterali e terminali sull’addome. Il passaggio alla forma adulta avviene gradualmente tra tarda primavera e inizio estate, con la maggior concentrazione di individui nella prima o seconda settimana di luglio, seguita da declino progressivo fino a settembre-ottobre.
Le larve di terzo stadio provenienti dalle ovideposizioni autunnali rappresentano la forma svernante dell’insetto.
Gli adulti di P. japonica manifestano comportamenti gregari durante l’alimentazione, con attività massima nelle ore centrali del giorno. In condizioni favorevoli – clima umido e disponibilità di ampie superfici prative e colture irrigue – le popolazioni crescono molto rapidamente.
L’alimentazione collettiva causa scheletrizzazione delle foglie, di cui vengono erosi i lembi fogliari tra le nervature. Anche fiori e frutti possono essere danneggiati dalle rosure.
L’insetto è altamente polifago: tra le piante coltivate che a oggi risultano essere gradite dall’insetto si citano pomacee, drupacee, vite, nocciolo, piccoli frutti, mais, soia, pomodoro e peperone. Ma sono ospiti anche piante forestali e ornamentali come ontano, olmo, biancospino, rovo, tiglio, betulla, glicine e rosa.
Il contenimento di Popillia japonica è reso difficoltoso dalle sue caratteristiche biologiche e da una certa imprevedibilità nei suoi comportamenti.
Se da un lato i trattamenti larvicidi richiedono un timing preciso di applicazione per essere efficaci, considerata la vita ipogea delle forme giovanili, controllare gli adulti può essere sfidante a causa del loro comportamento aggregativo. I trattamenti eseguiti con basse densità di popolazione rischiano di dover essere ripetuti a breve distanza, per l’arrivo di nuovi adulti dalle aree limitrofe.
In sostanza la valutazione dell’opportunità di effettuare trattamenti (soglia di intervento) richiede considerazioni specifiche di caso in caso. L’elemento cruciale consiste nella stima della defogliazione o del danno radicale tollerabili.
La lotta a P. japonica può essere rivolta agli adulti o alle larve. Le sostanze attive ad azione adulticida attualmente autorizzate allo scopo (N.B.: verificare sempre le colture per cui le singole sostanze sono registrate) sono le piretrine naturali, la deltametrina e l’acetamiprid. Sulle larve si impiega invece chlorantraniliprole, che per essere efficace necessita di un timing di applicazione ben preciso (va distribuito al suolo prima dell’inizio del volo).
Nel Nord Italia P. japonica vede una notevole diffusione nei vigneti e la vite risulta essere tra le colture più colpite da questo insetto. Questo fa sì che il coleottero giapponese possa essere controllato sfruttando gli eventuali trattamenti obbligatori contro Scaphoideus titanus, vettore della Flavescenza dorata, grazie all’azione collaterale contro P. japonica delle sostanze attive impiegate nei trattamenti per il controllo dello scafoideo.
Le sostanze attive ammesse in agricoltura biologica – piretrine, azadiractina e spinosad – risultano meno efficaci rispetto a quelle ammesse in integrato.
Il caolino, classificato come corroborante, può funzionare come repellente, riducendo le erosioni fogliari. Tuttavia, la dilavabilità del prodotto e lo sviluppo di nuova vegetazione rendono necessari trattamenti ripetuti.
Controverso l’uso di trappole a feromoni, che rischiano in realtà di attirare adulti da aree limitrofe agli appezzamenti da proteggere, peggiorando di fatto la situazione.
In viticoltura è stata anche sperimentata la raccolta meccanica degli insetti con macchine scavallanti, ma con risultati poco incoraggianti. Sono invece in fase di applicazioni biotecnologiche basate sul silenziamento di alcuni geni di P. japonica tramite trattamenti degli adulti con dsRna.
In considerazione delle difficoltà che possono accompagnare il controllo chimico, le pratiche agronomiche atte a prevenire la diffusione dell’insetto assumono un ruolo determinante. Tra queste:
In sintesi
Un coleottero scarabeide di origini orientali giunto in Italia nel 2014, invasivo e dannoso per numerose specie coltivate.
L’attività trofica delle larve può danneggiare le radici di piante erbacee coltivate, ma sono gli adulti a provocare i danni maggiori su foglie, frutti e fiori a seguito della loro attività trofica, che avviene spesso in modalità aggregativa. Le foglie, in particolare, vengono scheletrizzate.
Temperature miti e terreni umidi favoriscono la diffusione del coleottero giapponese.
Monitoraggio, rotazione delle colture (se possibile), gestione oculata dell’irrigazione e applicazione di reti sono buone tecniche preventive. In caso di infestazione si può agire sulle larve (al suolo) e/o sugli adulti (sulla chioma) con sostanze attive insetticide autorizzate. Utile il caolino come repellente.
Deltametrina, acetamiprid, piretrine, chlorantraniliprole, spinosad, azadiractina.
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*Campi obbligatori
Usare i prodotti fitosanitari con precauzione. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto.