Dalla consapevolezza alla speranza: il progetto Carbon Almanac

Cosa accade quando un guru del marketing lancia un progetto teso a formare e informare gli esseri umani sui temi del climate change?

Cosa accade quando un guru del marketing lancia un progetto teso a formare e informare gli esseri umani sui temi del climate change? Accade che, inevitabilmente, si parli anche di agricoltura e di altri temi cari al nostro Blog. Vi raccontiamo il progetto “Carbon Almanac” di Seth Godin, coinvolgendo anche una delle realtà italiane che hanno deciso di sostenerlo.

Tra i suoi best seller c’è “La mucca viola” che, a dispetto del titolo e come forse risulta intuibile a chi non lo ha letto, non è un manuale di zootecnia, ma uno dei testi sacri del marketing. Il suo autore, Seth Godin, è uno dei più importanti punti di riferimento in materia, a livello globale.

 

Il progetto Carbon Almanac

 

Nel luglio 2022 è uscito nelle librerie italiane – edito da RoiEdizioni – e in quelle di molti altri Paesi del mondo, tradotto in svariate lingue – il volume “Carbon Almanac – Guida al cambiamento climatico”. Si tratta del risultato del lavoro di oltre trecento volontari dislocati in più di 40 Paesi, che hanno contribuito alla stesura dell’opera coordinati da Seth Godin, che del progetto è l’ideatore. Fra costoro, anche sei contributori italiani.
Cosa sia il volume, sta scritto in copertina: “Un libro che raccoglie tutto quello che c’è da sapere sul cambiamento climatico: fatti, dati, tabelle, mappe, infografiche, definizioni, storia, citazioni e risorse”. E basta sfogliarlo velocemente per rendersi conto della quantità di informazioni fornite, in un linguaggio comprensibile a tutti. Perché a tutti il messaggio deve arrivare, nelle intenzioni di chi ha ideato il progetto. Sempre in copertina si legge, infatti: “Realizzato da un gruppo di artisti, imprenditori, scienziati, insegnanti, persone comuni, convinti che siamo ancora in tempo per fermare il cambiamento climatico. Unisciti a noi”.
Non è solo un’esortazione fine a sé stessa: è possibile diventare sostenitori del progetto, semplicemente acquistando un certo numero di copie del volume. Lo scopo è, in prima istanza, quello di diffondere conoscenza e consapevolezza sui temi del cambiamento climatico. Per questo a ogni acquisto di un certo numero di volumi, Carbon Almanac fa corrispondere la donazione di un ugual numero di volumi a scuole, biblioteche e organizzazioni no-profit.

“Non è ancora troppo tardi”

 

Anche questo è scritto in copertina. Ed è espressione del filo conduttore del volume, ovvero il concetto di speranza.
Nella prefazione si legge “…questo è un libro su un tipo diverso di energia. L’energia della speranza e della connessione. Sulla capacità degli esseri umani di risolvere i problemi e migliorare le cose”. Secondo Seth Godin, da azioni collettive di esseri umani che abbiano compreso la gravità dell’emergenza climatica possono derivare risultati concreti e decisivi, in un processo di progressivo svincolamento dalla nostra dipendenza dal carbonio, ritenuta la vera “causa di tutto”.
“Viviamo in un’epoca di superficialità, scorciatoie e slogan. Nulla di tutto ciò ci aiuterà a costruire un domani migliore. Invece, abbiamo l’opportunità di concentrarci sulle cose che contano davvero, e di farlo con grazia e urgenza. Se non ora, quando?”, conclude Godin nella prefazione.

 

L’agricoltura protagonista in Carbon Almanac

 

Abbiamo voluto verificare quanto nel volume si parli di agricoltura. E se ne parla eccome. Fin dalle primissime pagine, laddove tra “I quattro cavalieri dell’apocalisse del carbonio” – ovvero i principali responsabili delle emissioni di gas serra in atmosfera – si citano “le vacche” accanto al carbone, alla combustione e al cemento. Questo perché, si spiega, “anche se ogni anno viene rilasciata globalmente molta più anidride carbonica che metano (70 volte di più), il metano ha un potenziale di riscaldamento dell’aria 84 volte superiore, in un arco di vent’anni, a quello dell’anidride carbonica. (…) Le vacche producono metano attraverso i processi digestivi e di eliminazione dei rifiuti”. L’impatto del metano sul climate change è molto meno noto di quello dell’anidride carbonica e di questo argomento abbiamo già parlato nel nostro Blog.
Carbon Almanac parla di agricoltura, dunque, in forma talora diretta e talora indiretta, sia come vittima e come corresponsabile del climate change.
Nel capitolo “Cambiamento climatico per principianti”, laddove elenca le evidenze del fatto che il cambiamento climatico sia “davanti a te”, cita le malattie di origine alimentare, l’insicurezza alimentare, i cambiamenti nei cicli vegetativi delle piante, la diminuzione di resa delle coltivazioni.
Ma è nel capitolo “Ecco cosa c’è di vero” che il settore primario diventa davvero protagonista. Qui leggiamo che al totale di gas serra emessi nell’atmosfera dalle attività umane nel 2016, pari a 49,4 gigatonnellate di CO2, agricoltura, silvicoltura e consumo del suolo complessivamente hanno contribuito per 9,08 Gt, pari al 18,4%, collocandosi al secondo posto nella classifica dei settori più impattanti, dopo l’energia (36,1 Gt) e prima dei processi industriali diretti (5,2 Gt).
I dati vengono analizzati in maniera approfondita, mostrando come la zootecnia e lo sfruttamento agricolo dei terreni siano le due principali attività che contribuiscono alla generazione delle citate 9,08 Gt di anidride carbonica.
Ancor più spazio all’agricoltura viene dato nel capitolo “Effetti”, dove si disquisisce del rischio di riduzione della disponibilità di cibo a livello globale per effetto del climate change, individuando le principali cause in una maggior pressione di malattie e parassiti delle colture, nell’impoverimento del suoli, in siccità e inondazioni (e più in generale eventi atmosferici estremi), incendi spontanei, desertificazione: “C’è spesso un effetto a cascata, per cui terreni storicamente fertili intraprendono il cammino a senso unico per diventare deserti”. Sulla disponibilità di cibo influisce anche la perdita di biodiversità conseguente il cambio climatico (“offerte di alimenti meno diversificati e salutari, a causa della diminuzione dell’impollinazione”).
Vengono citati gli studi che hanno recentemente dimostrato come l’aumento della CO2 atmosferica sia in grado di determinare squilibri nella composizione dei cereali (riso, mais e frumento), con incremento di amido e perdita di vitamine, proteine e microelementi (ferro e zinco in particolare).
E ancora, nel capitolo “Soluzioni” si parla di “agricoltura come pozzo di carbonio”, con rifermento alle tecniche colturali in grado favorire la funzione di sink del suolo, così come dell’importanza dell’irrigazione a goccia o di tecniche di circular economy come il compostaggio.

La parola a un sostenitore italiano

 

Content is King è tra le realtà italiane (ahimè poche, come si può vedere qui) che hanno deciso di sostenere il progetto. Davide Giansoldati, esperto di digital trasformation e di progetti di cambiamento in azienda, nonché founder di Unicornucopia e di Content is King, autore e docente in Università Cattolica e Iulm, è anche un formatore di lunghissima esperienza in format dedicati ai giovani in procinto di entrare nel mondo del lavoro.

 

Davide, cosa ti ha colpito del progetto Carbon Almanac?
“Il progetto ha tre caratteristiche uniche e importanti per me. La prima: c’è la firma di Seth Godin, autore che ho imparato ad apprezzare dai primi anni duemila. Se c’è un autore di cui ho letto tutto è proprio Seth Godin e non potevo farmi sfuggire questo suo testo. La seconda: è un libro pubblicato da Roi Edizioni, una casa editrice che ho imparato ad apprezzare in questi anni per il taglio ispirazionale e “avanti” della loro linea editoriale. Il terzo: è un tema, quello ecologico, a cui sia in prima persona che come azienda teniamo molto. Di questo libro ci è piaciuto in particolare il taglio pratico e concreto: attraverso numeri “grandi” e “lontani” siamo condotti a capire cosa possiamo fare nel nostro piccolo per ridurli. Ad esempio, quando abbiamo scoperto l’assurdo impatto ecologico dei resi di Amazon, abbiamo deciso di porre più attenzione quando facciamo gli ordini. Ci serve quel prodotto? È la soluzione migliore?”

 

Quanta presa hanno i temi legati al climate change sui giovani con cui ti misuri nei tuoi percorsi di formazione?
“Devo dirti che, soprattutto in questi ultimi mesi, i giovani mi hanno positivamente stupito. In occasione del World Speech day del 2023, che cade ogni anno il 15 marzo, abbiamo deciso di organizzare un evento online dove sono stati i ragazzi a raccontarsi. Ne è nato un bel video intitolato Pianeta Terra: quanto costa la felicità? dove, attraverso le loro testimonianze, questi ragazzi raccontano il loro punto di vista, parlando di valori e temi estremamente concreti. Ragionano sul concetto di felicità, in gruppo e da soli, e su lavoro e noia; si chiedono se lo sport sia sostenibile; e infine lanciano una loro piccola “bomba” sul tema dell’ipocrisia che sta dietro al tema del cambiamento climatico. Ascoltare le loro parole e percepire la loro maturità mi fa dire che c’è speranza”.

 

Quanto sono consapevoli della necessità di impegnarsi in prima persona per dare una svolta alla situazione?
“Li vedo divisi in tre gruppi distinti. Da una parte c’è chi è molto sensibile al tema e che si adopera in tanti modi diversi: da chi fa raccolta differenziata a chi sceglie prodotti con confezioni riciclabili o addirittura prodotti sfusi, da chi partecipa a eventi di raccolta rifiuti a chi si adopera in altri modi per sensibilizzare gli altri. Altri ragazzi si stanno chiedendo cosa ci sia di vero in questi temi e se realmente esista il rischio della “fine della Terra”. Infine una parte di loro, numericamente limitata, è indifferente a questi temi”.

 

Ci sono ragazzi che aspirano a lavorare in settori che hanno a che vedere con l’incremento della sostenibilità delle attività umane?
“Assolutamente sì. Ma la domanda che dovremmo porci è: ci sono posti di lavoro nelle aziende dedicati a questi profili professionali? Perché spesso vedo questo ruolo affidato come terzo o quarto a chi ne ha già altri, anziché dare questo come primo ruolo a singoli. Sono poche le aziende, anche tra le grandi, dove esiste una persona specificatamente dedicata alla sostenibilità. Per citarne una, in Timberland Elisabetta Baronio è Sustainability & Responsibility Manager EMEA: con un ruolo analogo al suo su Linkedin in tutto il mondo ci sono solo 65.000 profili. Per darvi un’idea, i Marketing Manager sono quasi 10.000.000”.

 

I giovani sono interessati ai temi dell’agricoltura in generale e della sicurezza alimentare in particolare?
“Posso dirti che sono molto attenti alla qualità del cibo, agli ingredienti, alle etichette. Mi colpisce la loro attenzione a questi aspetti, che decenni fa erano decisamente trascurati dalle giovani generazioni. Non è solo un tema di bio sì o no… anzi, il cibo non deve per forza essere bio: deve essere “buono” inteso come “di qualità”.

Non conosci il progetto Carbon Almanac e vuoi saperne di più? Trovi tutto sul sito web. Se invece preferisci sentirlo raccontare dallo stesso Seth Godin, lo puoi fare qui.
E se ti piacciono i podcast in cui si parla di agricoltura e di tanti argomenti ad essa correlati, ascolta i nostri podcast della serie Fatti di Terra.